Petaloso è una parola?
Avete mai utilizzato il termine “petaloso” in vita vostra, riferendovi ad un fiore?
Immagino di no, ma è tutto normale: il termine di fatto ancora non è entrato nel nostro vocabolario ma, se ci impegniamo un po’, potrebbe venire accettato dalla Crusca e diventare ufficialmente parte della lingua italiana.
L’ha inventata un bambino che frequenta la terza elementare alla scuola Marchesi di Copparo, in provincia di Ferrara.
Si chiama Matteo e alla domanda “«Come definiresti un fiore?» ha risposto: «petaloso!».
Margherita Aurora, questo il nome dell’insegnante. è rimasta colpita dalla bellezza della nuova parola – per quanto inesistente- ed ha quindi deciso di scrivere direttamente all’Accademia della Crusca, Petaloso suona bene, è una parola formalmente corretta, ma nel vocabolario italiano non esiste. Per ora.
Con un linguaggio adatto ai bambini Maria Cristina Torchia – della Redazione Consulenza Linguistica – ha risposto così (testo integrale):
Caro Matteo,
la parola che hai inventato è una parola ben formata e potrebbe essere usata in italiano così come sono usate parole formate nello stesso modo.
Tu hai messo insieme le parole petalo + oso ➺ petaloso = pieno di petali, con tanti petali.
Allo stesso modo in italiano ci sono:
- pelo + oso ➺ peloso = pieno di peli, con tanti peli
- coraggio + oso ➺ coraggioso = pieno di coraggio, con tanto coraggio.
La tua parola è bella e chiara, ma sai come fa una parola a entrare nel vocabolario? Una parola nuova non entra nel vocabolario quando qualcuno la inventa, anche se è una parola “bella” e utile. Perché entri in un vocabolario, infatti, bisogna che la parola nuova non sia conosciuta e usata solo da chi l’ha inventata, ma che la usino tante persone e tante persone la capiscano.
Se riuscirai a diffondere la tua parola fra tante persone e tante persone in tutta Italia cominceranno a dire e a scrivere “Com’è petaloso questo fiore!” o, come suggerisci tu, “le margherite sono fiori petalosi, mentre i papaveri non sono molto petalosi”, ecco, allora petaloso sarà diventata una parola dell’italiano, perchè gli italiani la conoscono e la usano. A quel punto chi compila i dizionari inserirà la nuova parola fra le altre e ne spiegherà il significato.
È così che funziona: non sono gli studiosi, quelli che fanno i vocabolari, a decidere quali parole sono belle o brutte, utili o inutili. Quando una parola nuova è sulla bocca di tutti (o di tanti), allora lo studioso capisce che quella parola è diventata una parola come le altre e la mette nel vocabolario.
Spero che questa risposta ti sia stata utile e ti suggerisco ancora una cosa: un bel libro, intitolato Drilla e scritto da Andrew Clements. Leggilo, magari insieme ai tuoi compagni e alla tua maestra: racconta proprio una storia come la tua, la storia di un bambino che inventa una parola e cerca di farla entrare nel vocabolario.
Grazie per averci scritto.
Un caro saluto a te, ai tuoi compagni e alla tua maestra.
MA COME SI EVOLVE UNA LINGUA?
Le parole, colonne della nostra lingua, sono in continua evoluzione: nuovi termini nascono, altri assumono diversi usi o sono rilanciati. L’italiano, così, si trasforma seguendo il costume, la cronaca, la tv, le tecnologie… «Il lessico si arricchisce di continuo e i neologismi raccontano la società che li genera» spiega Nicoletta Maraschio, docente di storia della lingua italiana all’Università di Firenze e prima donna a guidare l’Accademia della Crusca dal 2008 al 2014.
L’esigenza di nuove parole può nascere per definire nuovi oggetti, concetti, mode.
Quali sono le fonti da cui sgorgano più neologismi? I
Innanzitutto, le nuove tecnologie: computer, Internet, telefonini. Parole come blog, social network, smartphone si sono consolidate nel linguaggio quotidiano per indicare nuovi oggetti, servizi e fenomeni. Per il bisogno di indicare nuove azioni, sono stati creati verbi: così contrassegnare con un tag, una parola chiave, diventa taggare; un messaggio (post) si può postare in uno spazio sul Web.
Altre parole diventano di moda: come evento, usato dai ragazzi per definire qualsiasi genere di appuntamento copiando l’utilizzo fatto su Facebook.
…..continua (http://www.focus.it/cultura/curiosita/petaloso-e-una-parola)
Sembra una favola ! Eppure ci sono tanti Matteo, tante maestre Margherita, tante persone intelligenti e curiose nelle istituzioni che sono protagonisti di favole quotidiane, ignorate dal ritmo frenetico e fuorviante della vita di oggi che tiene conto più della quantità che della qualità.
Se scrivete ora , il correttore automatico del computer sottolinea in rosso la parola petaloso: la rileva come un errore.
Ma è solo questione di tempo.
Sui social è partita una sorta di originale campagna di sensibilizzazione che invita tutti gli studenti del web a utilizzare l’hashtag e la parola quanto più possibile, proprio per far avverare il sogno del giovane Matteo, trasformando #petaloso in un nuovo termine della nostra lingua!
Adesso che abbiamo una nuova parola possiamo stare tutti sereni e dimenticare i problemi veri dell’italia 🙂
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Cara Amleta, conoscere le ” favole quotidiane” potrebbe dare un nuovo punto di vista a chi affronta i ” veri problemi “. Queste favole fanno crescere la fiducia che è possibile non solo aggiungere una parola alla nostra lingua ma anche contare sulla capacità di trovare percorsi alternativi per risolvere i “veri problemi.”
Grazie della visita
Love
L
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e anche questo articolo è… petaloso !! 😀
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Un abbraccio Laura, buon weekend, ❤
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Molto interessante questo post, buona serata e buona domenica 🙂
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